Matrix Resurrections: finalmente nelle sale italiane grazie a Warner Bros. l’attesissimo quarto capitolo della saga diretto da Lana Wachowski con Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss.
Usciva nel 1999 nelle sale dal genio degli allora fratelli Wachowski, ora sorelle, uno dei film che ha più profondamente influenzato la cinematografia mondiale contemporanea, Matrix. Le sue influenze nella cultura contemporanea di questa pellicola sono profonde e sfaccettate, dalla cinematografia alla spiritualità passando per la sociologia e l’economia, tanto che the Matrix ancora oggi è utilizzato nel linguaggio comune come metafora del fare parte del sistema o essere nella catena di montaggio, quella stessa catena di montaggio che già Charlie Chaplin aveva descritto nel suoTempi Moderni.
Le sue influenze nella cinematografia sono estese ed inconfutabili, a partire dalla successiva incontestabile diffusione di una grammatica delle scene d’azione, mutuata da tanta cinematografia orientale cappa e spada e dalla maestria di registi come John Woo, che da lì in poi sarebbe diventato mainstreem. Se ad esempio le sorelle non furono le prime ad utilizzare cinematograficamente il bullet time di sicuro a Matrix si deve il clamore globale che ha avuto da allora la tecnica. Una mutazione del linguaggio cinematografico d’azione che permane ancora oggi e che avrebbe segnato tutta la produzione cinematografica hollywoodiana successiva del settore.
Matrix negli anni sarebbe poi diventato per molti sociologi economisti il simbolo della sinistra americana, di quel postmodernismo nel quale nessuno è in grado di individuare un reale nemico contro il quale combattere. Una rappresentazione del neoliberismo nella quale le masse sarebbero state assoggettata all’interno di una matrice produttiva senza padrone, nessun reale soggetto contro il quale combattere solo una entità impersonale che governa le vite di tutti. L’autorità, di stampo dittatoriale, assume molteplici forme tutte simili se non identiche. Simili come mille i volti di Mister Smith.
Forse però la chiave interpretativa più intrigante è quella esoterica. Secondo questa interpretazione il viaggio vissuto da Neo è un viaggio iniziatico, tanto quanto lo è quello di Alice nel paese delle meraviglie, favola più volte citata nel film. In questa interpretazione gli uomini sono coltivati come bestiame per nutrire il sistema. Nonostante si viva e si cresca in una matrice virtuale fatta per mantenere l’inconsapevolezza totale, l’uomo costantemente è agitato da un tormento interiore che lo attanaglia, una scintilla divina che non gli dà pace anche quando pensa di aver ottenuto tutto ciò per cui ha lungamente lottato. La scintilla divina è quel tormento che, nello scorrerere della routine sempre uguale a se stessa, degli infiniti loop che sembrano ripetitive scene di videogames, lo interroga sulla autenticità della sua esistenza, sulla necessità di individuare lo scopo specifico della sua vita e del realizzarlo. Lo spinge infinite volte contro lo scelta: cercare o distrarsi, sapere o sedare, pillola rossa o pillola blu?
Sia che si guardi dal punto di vista sociologico, cinematografico che da quello esoterico Matrix ha colpito profondamente l’incoscio dei suoi milioni di spettatori in giro per il mondo tanto da essere tutt’oggi elemento di animato dibattito nelle comunity virtuali globali.
Matrix Resurrections, esattamente come il primo capitolo, è una pellicola fortemente sfaccettata che dedica una lunga prima parte ad una serie di interessantissime riflessioni su cosa si aspetta il pubblico dai sequel e su quelle che sono le complesse dinamiche che coinvolgono gli artisti e le case di produzione in quel difficile mercato che è quello cinematografico. Una lunga e interessantissima lezione di metacinema che probabilmente ripropone molte delle riflessioni che hanno realmente animato le riunioni di produzione di questo quarto capitolo della serie. Emblematico in tal senso la riunione nella quale il dirigente della Warner Bros. dichiara senza mezze misure “Matrix lo facciamo comunque, con te o senza di te” a rappresentare ciò che probabilmente si sono sentiti dire effettivamente gli autori e sul loro approccio a questa quarta pellicola.
Torna prepotentemente, con nostra grande soddisfazione, l’aspetto esoterico in questo quarto capitolo che l’aveva fatta da protagonista in Matrix e che era passato in parte in secondo piano nel secondo e terzo capitolo. Neo è tornato dentro Matrix, in una versione di se stesso più matura e più di successo, ma è tormentato dalla stessa mancanza di senso dell’uomo con il quale l’abbiamo conosciuto, tanto e forse più della prima versione di se stesso.
“Ti hanno insegnato bene, ti hanno fatto credere che il loro mondo è tutto ciò che meriti”
Matrix Resurrections
Angosciato da visioni ricorrenti e da tendenze suicide cerca invano conforto nella terapia psichiatrica che appare come uno strumento inefficace ma soprattutto ingannevole. Il terapista sembra infatti cercare costantemente di convincere Neo ad accettare la realtà mediocre e colma di compromessi che lo circonda, a sedare quella travaglio interno che lo attanaglia e che gli fa apparire la sua esistenza come una angosciante sequela di giorni priva di significato, di loop ripetitivi. Come tuttavia sosterrebbe James Hillman o un qualsiasi altro filosofo Platonico, il Daimon che abita ciascuno di noi è un dittatore spietato che esige la nostra realizzazione, la nostra incarnazione del Cristo personale, e non si acconterà di nulla di meno pena la trasmutazione del Daimon in Demone. In questo passaggio si scorge una critica, neanche troppo velata, a quegli approcci psicologici che sono orientati all’adattamento al sistema e non alla affermazione della unicità individuale e alla realizzazione personale. Un approccio che vede comunque l’uomo come uno strumento produttivo che si deve adattare al sistema e non ad un essere irripetibile la cui realizzazione è l’unica strada per la felicità, qualunque sia la realizzazione di cui è portatore.
Neo quindi è quindi costretto nuovamente a cercare il senso personale della sua vita, ad andare oltre il loop, a trovare e realizzare il suo personale compito di eroe.
Anche Trinity è una versione sbiadita di se stessa, costretta in una serie di ruoli e meccanicità decisi da altri che ne compromettono il potenziale e uccidono il suo spirito indomito; perchè Matrix, come ribbadito anche in questo quarto capitolo, è sempre stata anche una riflessione sulla gabbia della binarietà di genere. Non a caso il gioco nuovo al quale sta lavorando Neo di chiama Binary. Una riflessione sulla costruzione sociale che sta dietro ai modelli uomo/donna che ingabbia anch’essa in limitanti ruoli prestabiliti, figli di sistemi sociali e culturali patriarcali repressivi. Come nel primo capitolo, e come in tutta la tradizione letteraria e cinematografica epica, è l’incontro fra i due a innestare la reazione chimica, a portare al viaggio dell’eroe e alla trasmutazione alchemica necessaria alla liberazione.
Matrix Resurrections in sostanza per molti versi è un ritorno alle origini, un ripercorrere il viaggio iniziatico del primo capitolo per una nuova e più profonda consapevolezza, come se fosse una nuova incarnazione della stessa anima, attraverso la quale cercare forme nuove di vita e di salvezza. Sicuramente potrebbe scontentare gli amanti della azione e del bullet time duro e puro ma per chi come noi ha amato i mille aspetti metaforici della saga questo quarto capitolo è un ritorno a casa che aspettavamo da tanto. Soprattutto in questi tempi bui.
Bentornato Neo, ci sei mancato.
Matrix Resurrections esce nelle sale italiane il 1 gennaio 2022 grazie aWarner Bros..
Regia: Lana Wachowski Con: Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss, Yahya Abdul-Mateen II, Jessica Henwick, Jonathan Groff, Neil Patrick Harris, Priyanka Chopra, Christina Ricci, Jada Pinkett Smith, Lambert Wilson, Daniel Bernhardt, Telma Hopkins, Toby Onwumere, Max Riemelt, Brian J. Smith, Eréndira Ibarra, Andrew Caldwell Paese: USA Durata: 148 minuti Distribuzione: Warner Bros. Anno: 2021