Bardo: presentato in concorso al 79° Festival del Cinema di Venezia, il regista messicano propone forse la sua opera più profonta e ambiziosa toccando una multitudine di tematiche attraverso un inedito stile grottesco scelto forse proprio per la vastità dei suoi argomenti. Perchè lo humour al cinema è una cosa seria.
Da sempre il cineasta messicano ha proposto una cinematografia permeata di elementi esistenziali e spirituali, seppur apparentemente mascherati all’interno di una produzione votata prevalentemente al realismo (vedi Amores Perros, 21 Grammi o Biutiful). Giunto alla maturità artistica, dopo una serie di innumerevoli successi di pubblico e di critica, si sente probabilmente abbastanza sicuro di se stesso da esplicitare in forma più manifesta l’attenzione a questo aspetto dell’esistenza che è molto presente nella cultura del Sud America e di cui è pervasa la pellicola che rappresenterà il Messico alle nomination per gli Oscar 2023.
Il concetto di Bardo nel buddismo rappresenta quella fase intermedia che vive l’anima fra la morte e la successiva incarnazione terrena ed è riconducibile nella cultura cattolico/cristiana al nostro Purgatorio. Un concetto che inevitabilmente riconduce il nostro immaginario all’opera del sommo poeta.
Oramai da un secolo a questa parte comincia a diffondersi la consapevolezza che Dante ha celato nella Divina Commedia un manuale di alchimia trasformativa, tentando di diffondere attraverso di essa il suo prezioso insegnamente secondo cui il paradiso personale è raggiungibile solo dopo aver affrontato le proprie paure e i proprii demoni interiori (Inferno) e dopo essersi presi la piena responsabilità della propria esistenza e della vocazione personale di cui siamo portatori (Purgatorio) (vedi a tal proposito Tutti all’Inferno di Giorgia Sitta).
Giunto nel mezzo del cammin della sua vita, Iñárritu si incammina quindi attraverso Bardo nella narrazione della propria crisi personale ed artistica e attraverso di essa tenta di affrontare di petto ed elaborare una serie questioni brucianti della sua esistenza. Firma in altri termini con Bardo la sua personale versione di 8½ (o la sua personale versione de La Grande Bellezza).
Un percorso che lo porta quindi ad annoverarsi nella gloriosa lista dei cineasti di primissimo calibro che hanno elaborato una fase depressiva grazie al cinema dipingendo cinematograficamente la sua prima opera grottesca con la quale porta lo spettatore all’interno del suo immaginifico inconscio, colmo di meraviglie quanto di orrori.
L’humour al cinema è una cosa seria.
Silverio Gama – Bardo
Bardo è quindi una complessa e sfaccettata riflessione cinematografica che lo porta ad affrontare molti dei demoni della sua interiorità a partire dall’intimo e inconffessabile desiderio di successo. Un desiderio accompagnato da una forma acuta di terrore quando effettivamente il successo si manifesta e dalla classica sindrome dell’impostore caratteristica di tanti artisti.
Ma Bardo ci porta anche nel guardare in faccia l’ipocrisia che si cela dietro quella visione mitizzata del Messico ideale che vive nella produzione artistica di tanta parte della sua classe intellettuale. Una immagine profonta e spirituale che evita convenientemente di volgere lo sguardo sulle brutture di un popolo assediato da violenza e corruzione. Uno sguardo mitizzato caratteristico di tutti quegli intellettuali che criticano pubblicamente il colonialismo ma che vivono e lavorano negli Stati Uniti alimentando una economia che tutt’oggi ritiene di poter agevolmente comprare, o invadere, paesi vicini e lontani a suon di dollari o di bombe.
Un racconto intimo e onirico che si spinge fino a cercare l’elaborazione di dolori personali come il lutto di un bimbo morto a poche ore dalla nascita – perchè la terra è una merda – o di un complesso paterno non risolto che continua a parlare e ad esprimere la sua influenza attraverso le parole di tutti coloro che mossi dall’invidia cercano di sminuire il suo lavoro scavando nei suoi punti deboli.
Un percorso lungo e complesso che assomiglia all’esame di coscienza, in tutti i suoi minimi particolari, che fanno coloro che concludono la loro esperienza terrena e si apprestano a tirare le somme della stessa prima di scegliere l’incarnazione successiva, appunto nel Bardo.
Bardo sicuramente non è una pellicola adatta per chi non ha particolare attitudine per le immagini oniriche ma toccherà vette altissime per coloro che sono in grado di leggere l’esistenza, propria e altrui, a molti livelli nella consapevolezza che solo gli stolti, che potranno trovare soddisfazione nell’ennesimo cinepanettone, rinunciano alla complessità.
Bardo dal 16 novembre 2022 insala e dal 16 dicembre disponibile in streaming su Netflix.
Regia: Alejandro González Iñárritu Sceneggiatura: Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone Con: Daniel Giménez Cacho, Griselda Siciliani, Ximena Lamadrid, Íker Sánchez Solano Paese: Messico Durata: 174 minuti Distribuzione: Netflix