Babygirl: Halina Reijn si cimenta nell’arduo compito di rivisitare il thriller erotico con una rilettura contemporanea e consapevole del genere, con Nicole Kidman, vincitrice della Coppa Volpi a Venezia81, e un sempre convincente Harris Dickinson.
Romy (Nicole Kidman) è una donna di successo a capo di una prestigiosa azienda di e-commerce di New York intrappolata in un matrimonio affettivamente saldo ma sessualmente insoddisfacente, finisce per intraprendere con il giovane stagista Samuel (Harris Dickinson visto recentemente nel bellissimo The Beast), un affaire tanto eccitante quanto pericoloso. Fra i due si instaura immediatamente una relazione che esplora i confini del desiderio attraverso dinamiche di potere e di sottomissione. Un rapporto complesso quello tra Romy e Samuel, costruito su un gioco di potere nel quale il confine tra controllo e sottomissione si confondono e si alternano legando inevitabilmente desiderio e rischio reciproco.
Halina Reijn, dopo aver firmato la commedia satirica Bodies Bodies Bodies, torna alla cinepresa con un approccio maggiormente psicologico e sociologico che richiama alla mente il suo debutto del 2019. In Babygirl la relazione tra i protagonisti è utilizzata come metafora di temi universali come il desiderio, il potere ma anche la disparità di genere e le dinamiche lavorative, interrogandosi inevitabilmente sulle implicazioni emotive e morali delle diverse sfaccettature di una relazione basata sul potere. La regista riprende la dinamica già affrontata nel suo esordio Instinct nel quale erano già presenti riflessioni sulle declinazioni del desiderio che si concentra sui giochi di ruolo, ma focalizza maggiormente l’attenzione sulle sue rappresentazioni sociali, con un inevitabile occhio alle specificità della cultura americana che enorme attenzione ha rivolto alla tematica nelle relazioni in contesti lavorativi.
Si affronta inoltre la cocente tematica del orgasm gap, che come moltissimi altre forme di disparità legate al genere, colpisce la popolazione femminile che, come riportato in tutte le recenti indagini conoscitive dedicate svolte nei paesi occidentali, mediamente tende ad avere una vita sessuale meno soddisfacente di quella maschile. Questione che finalmente sta affiorando alla coscenza collettiva anche grazie alla produzione cinematografica e televisiva recente molto più sensibile del passato e queste questioni.
“Tutti noi abbiamo una piccola scatola nera piena di fantasie e tabù che vorremmo non condividere mai con nessuno. Sono affascinata dalla dualità della natura umana e con questo film ho cercato di far luce, senza giudizio, sulle forze opposte che compongono le nostre personalità. Per me, il femminismo è la libertà di esplorare la vulnerabilità, l’amore, la vergogna, la rabbia e la bestia interiore di una donna.
Halina Reijn – Regista
Invecchiare significa affrontare l’infinità di tutto. A metà della nostra vita, non possiamo più nasconderci e dobbiamo confrontarci con i nostri demoni interiori. Più sopprimiamo la nostra ombra, più il nostro comportamento può diventare pericoloso e dirompente. La relazione al centro di Babygirl permette a Romy e Samuel di esplorare la loro confusione riguardo al potere, al genere, all’età, alla gerarchia e all’istinto primordiale. Nonostante la sua natura proibita, la gioia di quell’esplorazione è liberatoria, persino curativa.”
Visivamente elegante e narrativamente provocatorio, Babygirl trova i suoi momenti migliori nella chimica tra i protagonisti e nelle performance del cast. La Kidman incarna Romy con grande intensità, confermando la sua capacità di affrontare ruoli complessi e rischiosi come quello di una donna di potere che desidera nella vita privata vivere una dinamica opposta a quella pubblica e si scontra con una coscienza collettiva che percepisce desideri di questo tipo come indesiderabili socialmente. La Kidman con la sua estetica glaciale e altera rappresenta efficacemente la dicotomia fra il potere estremo che Romy sperimenta sul lavoro e la vulnerabilità che desidera nella sua vita privata, esplorando una dinamica sessuale kink che bilancia la sua immagine pubblica di totale controllo. Interessante la chimica sviluppata con Harris Dickinson, simbolo di una mascolinità contemporanea, fluida e aperta al dialogo, ma anche ricca di sfumature e interessanti contraddizioni. Nel cast anche Antonio Banderas, marito di Romy e regista teatrale, che aggiunge sfumature di ironia alla rappresentazione di una vita familiare apparentemente perfetta ma in realtà colma di tensioni sotteranee e soprattutto ben rappresenta la visione vetusta di ciò che accettabile a letto in un contesto borghese.
Interessante la scrittura curata dalla stessa Halina Reijn, consapevole e capace di trattare con realismo i dettagli di una relazione non convenzionale che non tenta forme di romanticizzazioni stucchevoli ma capace di mostrare l’evoluzione di nuove forme di rapporto sempre più diffuse attraverso momenti di vulnerabilità, incertezza e imbarazzo. Una narrazione che si muove su un filo sottile tra esplorazione audace e schemi narrativi più prevedibili, rischiando a volte però di sembrare troppo carica di riferimenti agli aspetti più convenzionali della cultura statunitense per risultare autenticamente sovversivo, ma di questi tempi si sà al cinema non è consentito essere veramente controverso.
Babygirl è un’opera intrigante che riflette su temi complessi, ma che non sempre riesce a rompere gli schemi in modo pienamente convincente. Rimane comunque un tentativo interessante di come il thriller erotico possa evolversi nell’epoca contemporanea.
Babygirl è dal 30 gennaio 2025 al cinema grazie a Eagle Pictures.
Regia: Halina Reijn Sceneggiatura: Halina Reijn Con: Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas, Sophie Wilde, Esther McGregor, Vaughan Reilly, Victor Slezak, Anoop Desai, Bartley Booz, Maxwell Whittington-Cooper, Leslie Silva, Dolly Wells Paese: USA Durata: 114 minuti Produzione: 2AM, Man Up Films Distribuzione: Eagle Pictures Anno: 2024