Avatar: La Via dell’Acqua: torna James Cameron, il regista dei primati, con il secondo capitolo mozzafiato ambientato su Pandora, il pianeta più bello di sempre.
Nell’analisi di questo seconda pellicola ambientata a Pandora non si può non partire da alcune considerazioni sul primo celeberrimo capitolo che senza alcun dubbio, per molti motivi, ha segnato un passo fondamentale della storia della cinematografia contemporanea.
Come tutte le grandi opere Avatar si presta a molti livelli di lettura. Il primo, più evidente, è quello che vede il film come una delle più potenti pellicole ecologiste di sempre ed una efficace rappresentazione degli orrori del colonialismo. La superpotenza americana tenta la colonizzazione di Pandora come l’ennesimo paese non sviluppato ma ricco di materie prime da sfruttare attraverso la brutale sottomissione dei suoi fieri abitanti e la cancellazione della ricca cultura.
Un ennesimo genocidio perpetrato utilizzando sempre lo stesso metodo, dipingere un popolo come il nemico e in virtù di questa convizione rendere lecito l’utilizzo di qualsiasi forma di violenza.
Non si faranno mai cacciare da casa loro, per cosa poi. La coca-cola light? I blue jeans?
Jack Sully – Avatar
Una seconda interessante chiave di lettura, non alternativa ma parallela alla prima, vede la pellicola del regista di Titanic come una metafora esistenziale dei mali dell’uomo occidentale in un’ottica spirituale.
Una lettura nella quale l’eccessiva importanza attribuita alla materialità, all’apparenza e al positivismo razionalista (lo strapotere dell’emisfero sinistro del cervello per intenderci) sta depredando l’uomo moderno di ogni forma di saggezza ancestrale e della connessione con la sua parte spirituale. Un scissione che finisce di precludergli potenti forme di conoscenza, qualsiasi senso di appartenenza con i suoi simili e il mondo circostante, lasciandolo svuotato di qualsiasi senso profondo della vita.
Meravigliosa in questo senso l’immagine dell’albero madre attraverso il quale i membri del Popolo di Pandora si connettono con i loro antenati e con la conoscenza universale. Una evocativa immagine cinematografica che non può non portare alla mente la teoria junghiana dell‘inconscio collettivo e l’universale archetipo dell’albero o albero filosofico presente in tantissime culture antiche e testi sacri a partire dalla Bibbia.
In questo secondo capitolo, Jake e Neytiri hanno fatto famiglia tuttavia sono costretti a confrontarsi con una nuova e più sofisticata minaccia. La famiglia conoscerà quindi il dramma dell’abbandono della terra natia e la traumatica esperienza della migrazione come milioni di donne e uomini che ogni anno, da ogni angolo della terra, lasciano la loro casa.
Torna l’anima ecologista e spirituale dell’universo Avatar che ripropone una critica senza appello dell’atteggiamento predatorio umano e dell’ignoranza con la quale si sfruttano territori e popoli portatori di culture profonde e ricche.
Ritornano anche le splendide immagini archetipiche, caratteristiche della letteratura iniziatica, come l’albero madre attraverso il quale i membri di Pandora possono accedere alla conoscenzia del presente, del passato e del futuro o il passaggio all’interno del ventre di una balena, in questo caso un Tulkun, come fase di trasformazione interiore e rivelazione del vero sè.
Nella suo tentativo di ridimensionamento della arroganza occidentale James Cameron propone anche una interessante contrapposizione fra medicina occidentale e medicine tradizionali. Pur senza rinnegare gli inconfutabili risultati scientifici della scienza occidentale si evidenzia che – come anche sostenuto dal notissimo filosofo e psicanalista James Hillman – l’approccio occidentale, ossessionato dalla fisicità e dal sintomo, tenda ad essere patologizzante. Un approccio che tende a catalogare velocemente come patologiche anche quelle facoltà psichiche che non riesce a spiegare e che potrebbero essere semplicemente abilità ancora non note della psiche.
Dal punto di vista estetico Avatar: La Via dell’Acqua è una pellicola mozzafiato che, coaudiuvata dalla esperienza fenomenale del 3D, lascia lo spettatore senza respiro per la maestosa bellezza dei paesaggi ed il ritmo delle sue scene di lotta.
Un turbinio emotivo ed visivo nel quale Cameron è riuscito addirittura a citare la pellicola che oltre vent’anni fa ne ha decretato il planetario successo –Titanic – reinterpretando la sua scena più nota e criticata. Un amaggio alla tappa più importante del suo percorso cinematografico che gli ha consentito di poter dare vita al suo progetto più ambizioso Avatar.
Ancora una volta è la Dea Madre a portare ordine a seguito delle nefandezze umane, una maestosa presenza femminile che non prende le parti di nessuno ma tende solo a ricostituire l’equilibrio perduto e far prosperare la vita.
In ultima analisi Avatar: La Via dell’Acqua è una grande celebrazione del femminile sacro e selvaggio, come lo definirebbe Clarissa Pinkola Estés, nella speranza che la sua intima saggezza sia in grado di portare, alle soglie dell’Era dell’Aquario, un nuovo equilibrio e una nuova pace attraverso appunto la via dell’acqua.
Avatar: La Via dell’Acqua, la migliore occasione dell’anno per tornare a vibrare di emozione in sala, è in uscita nelle sale italiane dal 14 dicembre 2022 distribuito da The Walt Disney Company.
Regia: James Cameron Con: Sam Worthington, Zoe Saldana, Stephen Lang, Giovanni Ribisi, Joel David Moore, Dileep Rao, CCH Pounder, Cliff Curtis, Matt Gerald, Sigourney Weaver, Kate Winslet, Edie Falco, Jemaine Clement, Oona Chaplin Paese: USA Durata: 192 minuti Distribuzione: The Walt Disney Company Italia