After Work: il documentarista che ha fotografato l’Italia del berlusconismo con Videocracy – Basta apparire, torna in sala con una riflessione sociologica ed esistenziale sul senso che diamo al lavoro nelle nostre vite.
La meccanizzazione e l’intelligenza artificiale promettono di affrancare l’uomo da tutti i lavori faticosi e ripetitivi, putroppo questo vuol dire anche che intere categorie lavorative – ossia milioni e milioni di lavori – saranno sostituite nel prossimo futuro da efficienti e silenziosi robot.
Un fenomeno che dal punto di vista economico sicuramente dovrè essere affronatto collettivamente attraverso qualche forma di reddito di cittadinanza – come sostenuto ad esempio da Elon Musk– ma forse la questione più rilevante è che ne sarà della nostra vita e del senso che ne diamo nell’era del post-lavoro?
Il regista italiano, naturalizzato svedese, problematizza questo interessante quesito provando a narrare come viene vissuto il lavoro in giro per il mondo e constatando quanto profondamente diverso sia il senso che le persone e le culture ne danno.
La riflesione parte dai paesi con il numero medio di ore di lavoro più alto al mondo come la Corea del Sud o gli Stati Uniti che hanno costruito il loro impero economico sulla dedizione di milioni di lavoratori ma che subiscono tremende ripercussioni dalla dipendenza da lavoro (performative workaholism).
Una tendenza che ha condotto milioni di lavoratori a vivere alla stegua di schiavi, come l’addetta alle consegne Amazon che pur apprezzando il suo lavoro è costretta a svolgerlo sotto la supervisione di cinque telecamere che monitorano e sanzionano ogni suo gesto e può arrivare a dover consegnare anche 300 pacchi al giorno.
“La Corea è diventato un paese in cui tutte le famiglie sono infelici.”
Ministro del lavoro Coreano – After Work
All’altro estremo si trova l’esperianza del Kuwait, paese baciato dalla presenza del petrolio che ha travolto il destino di una paese povero per tramutarlo in uno di quelli con il maggiore reddito procapite. L’abbondanza di risorse ha consentito di rendere il lavoro un diritto per i suoi cittadini che spesso coprono le mansioni di un solo lavoro con più di venti persone. Una condizione di apparente privilegio che però non di rado si traduce in depressione e frustrazione.
La riflessione giunge anche in Italia, paese caratterizzato dai livelli più alti di NEET al mondo (ossia i giovani che non studiano e non lavorano), probabilmente a causa dell’alta propensione al risparmio delle generazioni passate. Condizione che conduce le giovani generazioni a dedicare allo svago una percentuale delle loro vite nettamente più alte di qualsiasi altro paese.
Eppure nonostante siano in molti ad essere terrorizzati dal non essere più coinvolti in fututo nella routine – seppur sfiancante – della giornata lavorativa molte autorevoli indagini sostengono che attualmente la stragrande maggioranza dei lavoratori (con percentuali che superano l’80%) non si sente coinvolta nel suo lavoro.
E’ quindi poi così vero che è il lavoro a dare senso alle nostre vite? Oppure abbiamo semplicemente ingoiato un modello che era ad uso e consumo delle esigenze della economia capitalista e del consumismo?
Ai posteri l’ardua sentenza.
After Work è in uscita cinema il 15 giugno 2023 distribuito da Fandango.
Regia: Erik Gandini con: Noam Chomsky, Elon Musk, Armando Pizzoni, Elisabeth Anderson Paese: Svezia Anno: 2023 durata: 81 minuti Distribuzione: Fandango